di STEFANIA PIAZZO – Gente in piedi. Non c’è più posto a sedere. La politica è una passione. Ma parlare di politica per il Nord è una passione che va oltre il tempo e la democrazia informatica, che cerca consenso su internet. La questione della rappresentanza politica del Nord ha bisogno ancora di risposte e soluzioni, faccia a faccia. La sala Carmagnola dell’Hotel Cavalieri in piazza Missori a Milano esaurisce i posti a sedere, domenica 5 marzo. Cittadini accalcati all’ingresso della sala convegni. C’è Umberto Bossi che parla, il tema è Più imprese-Più lavoro-Più Nord. Il Senatur interviene invitato alla prima uscita della neonata associazione Fare tornare grande il Nord. E ci tiene a prendere subito la parola. Sul palco ci sono il fondatore dell’associazione, Roberto Bernardelli, Giulio Arrighini, segretario di Indipendenza Lombarda, Fabrizio Comencini, esponente di Alleanza Libera Europea (che unisce diversi movimenti indipendentisti) rappresentata al Parlamento Europeo, e Davide Boni, segretario provinciale del Carroccio milanese.
Non si parla di Lega, neanche di immigrazione né del mantra del no-euro. La questione di vitale importanza, il nervo scoperto, è l’economia del Nord. Sta sparendo. Massacrata. “100mila imprese fallite dall’inizio della crisi dal 2009 ad oggi – attacca subito Bossi, senza mezzi giri di parole, smontando l’idea che il Nord stia comunque tenendo botta alla crisi.- Nessun paese europeo sta vivendo l’avvitamento economico in atto da noi”. E cita Francia e Germania. Qui, il quadro è più drammatico. “Ci supera anche il Pil della Grecia”. Detto tutto.
E il dramma corre su due binari paralleli, una tenaglia: “L’incertezza della politica e l’incertezza bancaria”. Bossi in grande forma, quello dei grandi eventi politici, appunti alla mano, pieni di cifre cerchiate e ripetute più volte, si smarca da polemiche interne al partito, non nomina mai il Sud, ma tiene la barra dritta al Nord che, spiega, “è stato infilato in un tunnel, per farci fuori”. “I popoli sono ancora sotto il tallone di Roma padrona”. Riecheggia nella sala Carmagnola il dizionario di lotta e di governo bossiano. “La Padania libera – dice – è quella la chiave – Ma dobbiamo anche fare accordi per vincere le elezioni”. Perché, è chiaro a chi fa politica di mestiere, se stai all’opposizione, non cambi un fico secco. E un vuoto politico viene subito occupato da qualcun altro. “Esserci è essenziale – spiega il Senatur – perché siamo davanti alla fine della nostra società”. Poi, un plauso a Roberto Bernardelli: “Ha dimostrato qualcosa più di tanti politici: ha fatto un convegno sulle imprese, ha messo il dito nella piaga giusta”.
“I fallimenti, e sono dati Ocse, rispetto a sei anni fa sono cresciuti del 35%. Solo la Francia presenta un numero di fallimenti superiore al 2009, con un più 13%. La Germania segue con il 22,90%. Da noi ci sono troppe regole per le imprese…”.
La questione Pil, prosegue il presidente federale della Lega, che fa suonare i numeri dell’economia, dicono che “persino la Romania ha un Pil cresciuto del 4,4%. L’Irlanda del 3,4%. Malta il 3,7%La media Ue è dell’1,6%, l’Italia è impalata allo 0,95! Siamo maglia nera del Pil europeo…”. E Bossi ripete: “100mila fallimenti…”.
“Bossi ci ha dato un sogno – interviene Bernardelli – e questo sogno non lo si perde per tutta la vita. Il sogno della libertà dei nostri popoli, del nostro fare impresa… Il Nord deve poter vivere della sua autonomia economica, e perché accada il nostro interlocutore è l’Europa dei popoli”. “Quel giorno verrà”, intanto ribatte Boni a Bossi, che gli ricorda la potenza del film indimenticato di Bravehearth, mentre Arrighini qualche sasso dalla scarpa se lo toglie: “Siamo qui a parlare del destino della nostra terra, facciamo qualcosa che però non arriva ds chi dovrebbe farlo…”. Ma d’altra parte, “sarebbe da sciocchi pensare che qualcuno di esterno arrivi a risolverci i problemi!”, chiude Comencini.
In sala cittadini comuni, e politici che hanno incarnato la Lega delle origini: da Francesco Formenti a Giuseppe Leoni, da Francesco Speroni a Francesca Martini, da Matteo Brigandì a Oreste Rossi, dal collega de la Padania Giovanni Polli a Giuliana Bortolozzo e Cesare Bossetti, fondatori di Radio Padania, da Alessandro Patelli sino a Renato Pozzetto in sala. Militanti, ex militanti, simpatizzanti, ex e non ex, accomunati dalla voglia che la macchina della politica riprenda a far tornare grande il Nord. Persone sostanzialmente libere, che non devono rendere conto a qualcuno. Far tornare grande il Nord è un progetto comune, non ci sono posti in gioco e nessuno ha qualcosa da chiedere.
Vie d’uscita? Bossi ne indica una. E parla di quella macroregione padanoalpina, “che tiene insieme Lombardia, Veneto, Liguria, Friuli, Slovenia, Austria, Baviera, Svizzera…. Approvata – racconta alla platea – dal Parlamento europeo. Prevede che le regioni presentino progetti comuni di sviluppo, finanziabili. E’ una soluzione democratica alla crisi. Ma occorre che la Lega tiri fuori dei progetti…”. Quindi? “Quindi il Nord, privato delle sue imprese e dei suoi soldi, con i suoi uomini attaccati ancora dalla magistratura, deve capire di non avere più tempo da perdere. Io vivo di questa speranza”.
Bossi ha concluso, si alza dal tavolo, scippa a Boni il libro di Valditara sulla questione settentrionale e va a salutare gli amici in piedi, in fondo alla sala, stringendo mani e spiegando: “Adesso facciamo anche l’associazione Padania libera!”.
Per rivedere l’evento sul canale youtube:
Live stream di #FareTornareGrandeilNord
https://m.youtube.com/watch?v=AGRUG_ZQMWU&feature=youtu.be