di Teodoro Fulgione
Bandiere tricolore, un vecchio documentario in bianco e nero dai toni “nostalgici”, la distribuzione del “pane sociale” in sala, qualche saluto romano tra i partecipanti e, a sorpresa, le note dell’inno russo. Mario Borghezio riunisce la “sua” destra a Roma e lancia la “Lega Nazionale”: “un progetto per federare tante realtà – dice – e costruire una grande Italia”. Non un partito, quindi, ma “un
movimento polifonico, complementare alla Lega Nord e a Noi con Salvini dove gli uni possono discutere con gli altri”. “Non fondiamo nulla”, precisa l’europarlamentare che assicura anche di avere la benedizione politica del suo segretario. Eppure, malgrado le rassicurazioni di Borghezio ed il programma che dà per certo un intervento del segretario del Carroccio, di Matteo Salvini non c’è traccia e dall’entourage trapela anche un certo distacco verso l’iniziativa romana.
La sala – il teatro Margherita a due passi da piazza di Spagna celebre in passato per il Bagaglino ed ora per spettacoli di burlesque – è stracolma. All’ingresso tra i cartelloni pubblicitari che annunciano lo spettacolo “Processo a Pinocchio” e “I lunedì al cafè Burlesque” spicca un tavolino con i libri: Franciavanguardia, Vie traverse, L’intellettuale dissidente, gli ultimi numeri di “l’Uomo libero” e, a sorpresa, il “Libro Verde” di Muammar Gheddafi.
Nel parterre ci sono esponenti della destra romana “ma non solo”, insiste Borghezio che a sostegno della tesi cita la presenza dei socialisti di “Rinascita” e quella di Giulietto Chiesa. “Vengo a parlare della necessità di uscire dalla Nato perché ci porterà alla guerra con la Russia. C’è la destra? Parlo con tutti pur di evitare la guerra”, spiega il leader pacifista di sinistra. “E alcune cose che dice Salvini mi vedono d’accordo”, aggiunge.
“Ma Borghezio non è quello che urlava “Roma ladrona” Cosa gli è successo?”, si domandano alcuni partecipanti quando ascoltano
l’eurodeputato leghista parlare di “una Roma offesa, stuprata e vilipesa da contrapporre a quella del lavoro e della onestà perché a Roma si mangia, si beve e si soffre più che in ogni altro posto del Mondo”. La platea di scioglie. E’ un tripudio di applausi per l’economista Nino Galloni, il professore Giuseppe Valditara, Fabio Sabbatani Schiuma, Giorgio Vintangeli, Giuseppe Vatinno, Gino Marra. Poi suona l’inno russo. E’ un omaggio a Aleksandr Dughin, consigliere della Duma. In perfetto italiano ringrazia la sala per l’accoglienza e se la ingrazia subito con una battuta: “Siamo tutti figli di Roma – esordisce – Ringrazio tutti gli italiani che hanno appoggiato la mia patria contro le sanzioni imposte e totalmente ingiuste che castigano il nostro popolo”. (ANSA).