di STEFANIA PIAZZO – Cani ammessi. Cani estromessi. Cani indesiderati. Accade tutti i giorni, è la quotidiana lotta tra una cultura che include gli animali nella nostra vita, che ne riconosce il diritto di cittadinanza, prima ancora che per legge, per buon senso e per positività di una relazione che nutre l’uomo e lo rende migliore. Fino a prova contraria gli animali non stuprano, non rubano, non fanno guerre, non sparano, non spacciano, non mettono bombe e non sono terroristi. Tuttavia sono inferiori e forse per questo possono essere bruciati, impalati, avvelenati, scuoiati vivi. Emarginati. Messi a lato, anche solo per un momento, giusto per pregare. Sono senza anima, dicono…
Capita allora che davanti al sagrato di una piccola chiesa, un santuario rurale meta di visitatori che arrivano dai sentieri del bosco ma anche dalla carrozzabile con annesso parcheggio con resti di umani rifiuti, capti appunto di non poter oltrepassare la soglia dei gradini che danno accesso ad un piccolo fazzoletto verde davanti all’ingresso del luogo sacro. Capita perché quel sagrato è vietato ai cani. Spiega un perentorio cartello “Il sagrato della chiesa è luogo sacro. Non è gabinetto per cani!!!!! Per rispetto del luogo è vietato portare i cani”.
La prima considerazione: non è casa nostra ma della diocesi di Como e dunque il santuario del Carmelo non è nostro. Il proprietario, la parrocchia di Santo Stefano di Appiano Gentile, ne gestisce le regole. La Chiesa, anzi, prima ancora il sagrato, è per gli uomini, perché è un luogo sacro, non è quindi per le bestie. Le bestie non hanno accesso ai luoghi sacri, dice la chiesa, né agli spazi che vi conducono, come in questo caso, anche solo per sbirciare dentro le inferiate del santuario chiuso al pubblico. Le bestie-cani, per l’animo bestiale e istintivo che hanno, pisciano e defecano ovunque perché non hanno contezza di dove sia Dio e di dove abiti. Quindi via dal luogo sacro. Dove entrano gli uomini, tutti gli uomini. Più uomo di così al centro dell’universo si muore.
Preso atto, salutiamo la Madonna del Carmelo col nostro cane seduti sui gradini. Pensiamo ai cani dei padroni maleducati che non hanno raccolto le loro “cose”. Quanti saranno stati? Non ne abbiamo idea. Attorno a noi c’è il bosco immenso del Parco Pineta, dove i cani fanno i loro bisogni. Ma evidentemente non tutti e qualcuno la trattiene per andare a farla sul sagrato. Il Parco Pineta però non è sacro, e quindi lì si trova di tutto. Di umano, s’intende. Come se la sacralità del Creato si limitasse al perimetro di un sagrato antistante l’ingresso della chiesa.
Qualche sera dopo partecipo col cane ad un raduno amatoriale tra segugi, l’evento si svolge a Castelleone, davanti al Santuario, la locandica indica chiaramente “Santuario di Castelleone”, in provincia di Cremona. E’ una festa. A nessun cane viene interdetto l’ampio sagrato verde davanti al tempio. Ma è un’altra diocesi e un’altra parrocchia. Forse loro hanno un altro Dio, diverso rispetto a Como. Chiederò.
Viene alla memoria san Rocco. Ve lo ricordate nell’iconografia popolare? Non era degno di stare nei luoghi sacri e pubblici perché aveva la peste e fu costretto a vivere isolato. Lo cibava un cane, quello che viene rappresentato al suo fianco con un tozzo di pane per sfamare il santo. Se dunque anche i santi, da vivi, non sono degni, forse è per questo che san Rocco sta solo col cane. Al prossimo giro, porterò l’immaginetta di San Rocco sul sagrato della Madonna del Carmelo. Una foto non sporca.
