Dazi oggi il nostro incubo quotidiano. Sul vino la folle minaccia del 200%. Matteo, scusa, non avevi detto che erano una grande opportunità per l’Italia?

Solo pochi giorni fa il ministro dei Trasporti (competente a seconda delle circostanze in agricoltura, economia, rapporti internazionali, export e commercio estero) aveva affermato: “Chi pensa che Washington sia un nemico non ha capito nulla. Anche la politica dei dazi può essere un’occasione per un ulteriore guadagno per le imprese del sistema Italia: abbiamo una grande opportunità di cambiamento”.

Ecco, il cambiamento. Nuove minacce di dazi all’Ue da Donald Trump, che definisce l’Unione “una delle autorità fiscali e tariffarie più ostile e abusiva al mondo, creata al solo scopo di trarre vantaggio dagli Stati Uniti”. In un post su X, contestando “l’odiosa tariffa del 50% sul whisky” annunciata da Bruxelles, il presidente ha avvertito che “se non verrà rimosso immediatamente, gli Stati Uniti ne porranno a breve una del 200% su tutti i vini, gli champagne ei prodotti alcolici che arrivano dalla Francia e dagli altri Paesi dell’Ue. Questo sarà grandioso per le imprese americane che producono vino e champagne”.

I dazi del 200 per cento “potrebbero creare una situazione drammatica per i vini di tutto il veneto”. Lo ha detto il presidente dei viticoltori di Confagricoltura Veneto e Verona, Christian Marchesini, commentando la dichiarazione odierna del presidente degli Stati Uniti.

“Speriamo – ha aggiunto – che quella del presidente Donald Trump sia una boutade. La minaccia preoccupa i viticoltori veneti: gli Usa, con quasi 600 milioni di euro, rappresentano il 20 per cento dei 2,8 miliardi di export vinicolo 2023. Inutile dire che, con tariffe di queste proporzioni, i nostri produttori di vino perderebbero il partner commerciale numero uno al mondo. Sia per il prosecco sia per Valpolicella e Amarone gli Stati Uniti sono il primo mercato di esportazione fuori dall’Unione europea e il rischio e’ di compromettere anche una filiera nazionale che vale quasi due miliardi di euro. La situazione è già difficile per il calo dei consumi e le forti incertezze sul futuro – ha ricordato l’esponente di Confagricoltura Veneto -, oltre che per la nuova stretta della Commissione Ue che riguarda l’informazione ai consumatori e la regolamentazione della pubblicità
degli alcolici farà bene a nessuno”, ha concluso Marchesini.

“Speriamo che questa di Trump sia solo una provocazione, una tassazione al 200% sui vini azzererebbe di fatto le vendite verso gli Stati Uniti, che sono il nostro primo mercato di sbocco italiano per il vino , con quasi 1,9 miliardi di euro e un peso sulle esportazioni agroalimentari oltreoceano del 26%”. Questo il commento del presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, dopo le dichiarazioni rilasciate dal presidente Usa, Donald Trump. Cia ricorda che la percentuale di esportazione di vini verso gli Usa ha segnato un incremento del +7% sull’anno precedente (+7%), con un’impennata per i vini spumanti (+19%). Si tratta di un’incidenza di quasi il 24% sull’export totale di vini tricolore”.

A dipendere maggiormente dagli Stati Uniti per il proprio export sono anche i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con una quota del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni) e il Prosecco Dop (27%, 491 milioni).

Cia ricorda che il rischio di dazi lascerebbe strada libera ai concorrenti che potranno aggredire una quota di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno. Dalla parte dei produttori di vino italiani, Cia ricorda anche come sia difficile recuperare rapporti solidi con i compratori Usa, una volta che questi siano costretti a interrompere le relazioni con l’Europa per cercare altri mercati internazionali.

“Le minacce di Donald Trump di mettere un dazio del 200% sui vini europei rischierebbero di danneggiare pesantemente le delle etichette toscane che nel 2024 hanno raggiunto il valore record di 420 milioni di euro negli Stati Uniti”. Ad affermarlo è Coldiretti Toscana che parla di “misura estrema che manderebbe di fatto in sofferenza il vino tricolore, compromettendo un percorso di grande crescita che ha portato, solo nell’ultimo anno, all’aumento del 10% delle vendite oltreoceano”, dove il
vino è il secondo prodotto più richiesto tra quelli Made in Tuscany solo dietro all’olio extravergine.

“Per alcune tipologie, penso ai Super Tuscan, che hanno un target alto-altissimo potrebbe anche non essere un problema, diverso lo scenario per la stragrande maggioranza delle etichette toscane che ne risentirebbero certamente”, spiega Letizia Cesani, presidente Coldiretti Toscana e di Vigneto Toscana. Gli Usa, secondo dati Oiv (Organizzazione internazionale della vigna e del vino), sono il primo consumatore mondiale di
vino con 33,3 milioni di ettolitri e per l’Italia rappresentano in valore il mercato più importante. Per questo aggiunge Coldiretti Toscana “occorre ora fermare una pericolosa escalation che sta conducendo a una guerra commerciale globale dove le prime vittime saranno i cittadini statunitensi che pagheranno di più i prodotti e, con essi, gli agricoltori, mettendo in atto tutte le azioni diplomatiche necessarie per scongiurare lo stravolgimento dei flussi commerciali”.

Seduta infine da dimenticare per i titoli dei produttori di alcolici. Lvmh, produttore dello champagne Moet & Chandon, ha chiuso in calo dell’1,1%, Remy Cointreau del 4,7%, Pernod Ricard del 4%, Campari del 4,3% e Heineken dell’1,5%. Affossa il titolo di Campari, che chiude in coda al listino a -4,31%.

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