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Prima di tutto, uscire con o senza euro dallo Stato italiano

di GILBERTO ONETO

La Lega  di Salvini si sta impegnando allo spasimo nella lotta contro l’Euro e contro l’Europa dei grandi maneghetta di Bruxelles. È sicuramente una battaglia “popolare”, nel senso che tocca uno dei più sensibili nervi scoperti della nostra gente impoverita dalla moneta unica e tartassata dalle imposizioni e dalla burocrazia comunitarie che si sommano a quelle italiane. È perciò un argomento che “tira” in termini di consenso e Salvini fa benissimo a cavalcarlo…. Deve assolutamente riuscirci pena la fine di ogni possibilità di sopravvivenza, e di continuare a combattere anche le battaglie più nobili sull’identità e sull’indipendenza, che oggi sono sciaguratamente accantonate dalla Lega ma che – senza Lega – potrebbero annullarsi del tutto.

Sbaglia chi crede che la  sparizione della Lega dal quadro politico aprirebbe nuovi scenari interessanti per l’indipendentismo liberato dal passato imbarazzante del Carroccio e dalle poco onorevoli incrostazioni della sua classe dirigente. Pur con tutti i suoi limiti, difetti e colpe, la Lega consente di mantenere all’ordine del giorno le istanze padaniste, anche se marginalizzate e spesso ridicolizzate. La sua scomparsa dissolverebbe per anni e anni il dibattito, l’idea stessa di autonomia e di federalismo sia pur declinata ai suoi livelli più bassi. Si creerebbe un vuoto di pulsioni nel quale sarebbero inghiottite anche le altre realtà autonomiste e indipendentiste che sono tutte – è inutile nascondercelo – piuttosto inconsistenti sul piano del consenso e dell’organizzazione, povere di bagaglio culturale, insopportabilmente litigiose e troppo simili alla Lega nei peggiori difetti del cadreghismo e dell’opportunismo. Se così non fossero, il quadro politico sarebbe già mutato da tempo proprio grazie alla perseveranza leghista nell’errore. Se le alternative non si sviluppano in presenza della marcescenza e del disfacimento leghista, non si vede come potrebbero farlo nel vuoto totale, nella ufficializzazione del fallimento autonomista che seguirebbe la scomparsa di quel che resta della Lega. Per questo anche i più feroci critici (orgogliosamente mi metto anch’io nel novero) non possono non sperare che Salvini ce la faccia e che magari – a pericolo scongiurato – torni davvero a temi più padanisti. Ai miracoli, anche ai più improbabili,  si continua a credere fino alla fine.

Certo lo strumento che ha scelto come salvagente (l’uscita dall’Euro) non è di quelli che possano suscitare gli entusiasmi dei più sinceri indipendentisti che sono sicuramente convinti che “questa” Europa sia una sciagura, ma che sono altrettanto certi che il nemico numero uno non siano Bruxelles, la Merkel o la Germania  ma la solita Italia. Le nostre attuali condizioni economiche non sono causate dall’Euro ma dall’unità italiana, dal forzato sodalizio con una gigantesca metastasi che da più di un secolo e mezzo ci succhia ogni energia, ci opprime e cerca di distruggere ogni nostra identità e vitalità.  L’Euro è sicuramente una aggravante della servitù padana all’Italia, ma la Padania senza l’Italia non avrebbe alcuna difficoltà a tenersi l’Euro, a renderlo vantaggioso o a decidere liberamente di darsi una moneta propria. Uscire dall’Euro per restare attaccati a una moneta italiana non risolve i nostri problemi, potrebbe procurarci danni anche più catastrofici in fase di distacco e ogni eventuale vantaggio (libertà di manovra e di svalutazione) sarebbe reso nullo dal sodalizio forzato con lo Stato italiano e con i suoi vizi eterni: a quel punto diminuirebbero anche le possibilità di un salvifico distacco e ci troveremmo ingabbiati in una nuova costrizione monetaria “patriottica”, in un rinnovato patto di sudditanza con quella stomachevole  brodaglia di massoni, mafiosi e comunisti (terùn, c’est plus facile..)  che è lo Stato italiano.

Comprendiamo le esigenze vitali di Salvini e speriamo anche che le sue attuali posizioni siano mitigate dalla segreta convinzione “che tanto dall’Euro non si esce” (e, quindi, tanto vale strepitare al vento pur di prendere qualche voto) e improntate al più sano opportunismo, ma non possiamo – da indipendentisti – non affrontare l’argomento da ottiche diverse e un pochino più ragionate di quelle da slogan di campagna elettorale. Purtroppo il rischio che corre la Lega con questa posizione è di portare ulteriore acqua al partito unitarista, o insistere sulle posizioni italianiste (“il nostro Paese”, “la nostra Italia”, “la nostra Nazione”) che ne hanno già troppo ammorbato il comportamento. Così come viene propinata, soprattutto dall’attuale “economista” di riferimento del Carroccio, la lotta all’Euro puzza di nazionalismo tricolore. Non è saggio, solo per sopravvivere, rinchiudersi in una gabbia, come si fa contro un branco di pescicani: poi si rischia di restarci nella gabbia. Per evitarlo la Lega dovrebbe accompagnare le posizioni più sguaiate con riferimenti più consoni e meno svaccati:  ricordiamo le sagge posizioni sulla doppia moneta che il vecchio Paglia  aveva espresso (e che non ha mai smesso di ripetere) al momento dell’entrata nell’Euro, le idee di Giorgetti in materia, e le articolate perplessità di molti economisti. Per questo vorremmo che si potesse su questo giornale aprire un serio dibattito. Passata l’emergenza del 4%, dovrebbe essere interesse condiviso ritornare all’elaborazione di concrete strategie economiche indipendentiste, coerentemente e graniticamente indipendentiste. Il nemico è l’Italia e liberarcene è prioritario. Con o senza l’Euro.

 

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